Blatten, quanto può costare un villaggio alpino svizzero?

La solidarietà della Svizzera con la popolazione di Blatten è grande. Ma rapidamente è emersa la questione dei costi della vita in montagna. Città e montagne si stanno allontanando? Riflessioni dal Parlamento.
Il fango non si è ancora rappreso sul distrutto villaggio di Blatten, e già dal cuore della Svizzera urbana giunge la domanda: “Quanto vale per la nostra società la vita nelle Alpi? Costi quel che costi?”.
“Chi si trasferirebbe?”
La solidarietà tra montagna e pianura è stata apertamente messa in discussione in un editoriale della NZZ am SonntagCollegamento esterno. Un tabù è stato infranto. Nella Lötschental, la valle del Vallese dove il 28 maggio una frana ha sepolto il paese, il sindaco di Blatten ha promesso che tutte le case saranno ricostruite. E a Zurigo, un caporedattore ha invitato a considerare il ritiro dalle Alpi, scrivendo: “Dove c’è meno, si rompe meno. Chi si trasferirebbe?”.
Il fatto che il dibattito sia scoppiato così rapidamente dimostra quanto fosse già latente. E quanto sia urgente la questione in un Paese le cui montagne si sgretolano a causa in particolare del cambiamento climatico. Ma l’appello da Zurigo non è stato ben accolto nel resto della Svizzera. Già il giorno della pubblicazione è stato ampiamente bollato come “irrispettoso”.
Il lunedì successivo, la deputata grigionese Anna Giacometti è in Parlamento a Berna. Il viaggio dal suo comune natale in Bregaglia al Palazzo federale dura cinque ore: il tragitto più lungo di tutti i membri del Parlamento svizzero. Giacometti è consigliera nazionale del Partito liberale radicale.
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“Una solidarietà immensa, ha fatto bene”
“Non capita tutti i giorni che un consigliere federale venga in una valle alpina”, racconta, ricordando il 2017, quando era sindaca di Bregaglia, un comune composto di una dozzina di villaggi, tra cui Bondo. Anche lì la montagna crollò con una forza inimmaginabile. Otto escursionisti persero la vita. Colate detritiche devastarono parte del borgo.

Oggi Anna Giacometti ricorda la “grande solidarietà della Svizzera” e dice: “Ci ha fatto bene”.
Il giorno dopo la frana, la presidente della Confederazione Doris Leuthard arrivò in elicottero. La abbracciò, con le lacrime agli occhi. Una foto di quel momento è appesa a casa Giacometti.
“Ce la faremo”
Assieme a Doris Leuthard e alla presidente del Governo grigionese, Anna Giacometti sorvolò la Val Bondasca, sepolta dai detriti.

“Chi pagherà tutto questo?”, chiese tra sé e sé l’allora sindaca di Bregaglia. La risposta arrivò dalla presidente del Governo cantonale: “Non ci pensare ora, ce la faremo”.
Costi quel che costi. La sciagura di Bondo avvenne nel 2017. Oggi il villaggio è ricostruito. Le opere di protezione sono costate 53 milioni di franchi.

“È una spesa proporzionata per 200 abitanti?”, ha chiesto il Tages-AnzeigerCollegamento esterno a fine maggio. Giacometti risponde: “Sono domande di chi vive sull’Altopiano o in città. A Zurigo un sottopasso ciclabile costa anche 40 milioni”. In Svizzera, la proporzionalità delle opere di protezione segue un principio semplice: ogni franco investito deve prevenire un franco di danni potenziali.
I soldi sono sempre venuti dalla pianura
Le città svizzere sono state le prime a beneficiare dell’arrivo del benessere. La vita in campagna e in montagna era contraddistinta da povertà e precarietà. Solo con il boom del turismo nel XIX secolo iniziò ad arrivare un po’ di denaro nei villaggi alpini. L’elettrificazione permise poi di monetizzare l’energia idroelettrica. Ma le grandi infrastrutture – scuole, strade, ospedali – sono sempre state un atto di solidarietà. I fondi venivano dalla pianura.
Dal 1848, la Svizzera ha iniziato a finanziare i cantoni alpini con la cosiddetta perequazione finanziaria verticale. Dopo la Seconda guerra mondiale, con il boom economico, si aggiunse la perequazione tra Cantoni ricchi e Cantoni poveri, principio sancito nella Costituzione nel 1959. .
Il costo della vita in montagna
Chi vive in montagna non si considera un richiedente, ma un beneficiario. Anche perché la vita in quota è naturalmente più complessa: il clima, le stagioni, i torrenti, le valanghe, la fauna e la flora – e soprattutto le persone.
Ma forse anche questo è una proiezione, come molte delle idee che cittadini e montanari hanno gli uni degli altri. Spesso si vedono come esotici a vicenda. “La montagna non discute”, dicono quelli che ci vivono. Dà e prende.
“Le montagne stanno cambiando”

Andrea Zryd conosce le montagne fin da bambina. “Stanno cambiando”, dice. È consigliera nazionale socialista, appassionata di montagna, cresciuta ad Adelboden, nell’Oberland bernese. “Ora anche piccoli ruscelli possono straripare all’improvviso”, racconta.
Scalare una montagna è come osservare un vetro che si incrina: basta poco e ciò che era solido si frantuma. Poi cadono le pietre.
Zryd ricorda un giorno d’estate del 2008. Durante un’escursione ad Adelboden, lungo un sentiero che non presenta particolari difficoltà, un pezzo di parete rocciosa si staccò. Su di esso c’era suo padre. Morì nell’incidente.
“La protezione dai pericoli naturali ha anche una dimensione emotiva”, afferma. “I villaggi alpini fanno parte della cultura svizzera e meritano protezione”. Ma realisticamente, la Svizzera dovrà abituarsi all’idea che alcuni insediamenti diventeranno inabitabili, “perché troppo pericolosi”.
“Nulla avrebbe potuto fermare quella montagna”
La montagna decide. Nel caso di Blatten, afferma il politico dell’Unione democratica di centro Michael Götte, nulla avrebbe potuto fermare la frana.
Anche Götte, rappresentante di un partito con l’elettorato più rurale, sostiene che si dovrebbero stabilire delle priorità nella protezione dei villaggi.
Confederazione, cantoni e comuni investono circa 400 milioni di franchi all’anno in opere di protezione, secondo l’Ufficio federale dell’ambiente. Ma il fabbisogno reale è dieci volte superiore.
Oltre tre miliardi ogni anno
L’unica analisiCollegamento esterno completa risale al 2007. Includeva premi assicurativi, costi di polizia, pompieri, protezione civile e ricerca. All’epoca si stimò un totale di 2,9 miliardi di franchi. Rivalutati, oggi sono 3,15 miliardi – e i costi sono certamente aumentati. È più di quanto riceva l’agricoltura in pagamenti diretti, e più di quanto la Svizzera spenda per la cooperazione allo sviluppo.
In Parlamento, nessuno osa dire, una settimana dopo la frana di Blatten, dove si potrebbe risparmiare nella protezione degli insediamenti.

Anzi, l’UDC vuole deviare dei fondi, riducendo quelli per l’aiuto allo sviluppo e aumentando quelli per le opere di protezione. Il PLR propone di usare le tasse sul CO₂: meno sussidi per la ristrutturazione di case, più protezione. I Verdi vogliono attingere al fondo per le strade nazionali. Così la tragedia di Blatten entra nei programmi di partito.
Tecnicamente, la solidarietà è regolata: “È un compito congiunto, con Confederazione, Cantone e Comune che partecipano ciascuno per un terzo”, spiega Daniela Mangiarratti dell’Ufficio federale dell’ambiente. In linea di principio, la Confederazione copre il 35% dei costi.
Ma i piccoli comuni spesso non hanno risorse sufficienti. In quei casi, Cantoni o Confederazione contribuiscono di più. “Per progetti grandi o oneri eccezionali, i contributi federali aumentano secondo regole precise”, spiega Mangiarratti.
Grande solidarietà con Blatten
Al momento, la solidarietà con Blatten è forte. La presidente del Consiglio nazionale Maja Riniker ha invitato i colleghi a donare ognuno un’indennità giornaliera, pari a 440 franchi.
Il Consiglio federale ha chiesto venerdì al Parlamento di approvare rapidamente un primo sostegno finanziario per un importo di cinque milioni di franchi. I grandi cantoni – Berna, Zurigo e Grigioni – hanno risposto con contributi di diverse centinaia di migliaia di franchi, mentre Lucerna ha donato un milione. Il Vallese, colpito direttamente dalla tragedia, ha stanziato dieci milioni per sostenere il proprio villaggio sepolto. Anche la popolazione svizzera partecipa con generosità a questo slancio collettivo di solidarietà.
Articolo a cura di Samuel Jaberg
Traduzione con il supporto dell’IA/mar

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